Ordini per telefono: si può richiedere copia della registrazione

Anche la voce è un dato personale. La registrazione di un colloquio telefonico che comporta l'attivazione di un nuovo servizio commerciale deve essere resa disponibile all'interessato che ne faccia richiesta: non è sufficiente che l'azienda gli fornisca la trascrizione dei contenuti della conversazione.

Lo ha stabilito il Garante privacy (con un provvedimento di cui è stato relatore Giuseppe Fortunato) accogliendo il ricorso di un consumatore che contestava l'attivazione di un contratto da parte di un gestore telefonico attraverso la prassi del "verbal ordering", ovvero la chiamata con la quale avrebbe aderito ad una proposta commerciale. Il ricorrente aveva chiesto alla società telefonica una copia della registrazione del colloquio. Il gestore aveva fornito all'interessato solo una sintesi scritta dei contenuti di quella telefonata. Insoddisfatto del riscontro ottenuto l'utente si era rivolto all'Autorità.

Nel dare ragione al ricorrente il Garante ha precisato che anche suoni ed immagini costituiscono dati personali rispetto ai quali gli interessati possono far valere i diritti loro riconosciuti dalla normativa in materia di privacy. Il diritto di accesso ai dati personali contenuti nel "verbal ordering" non può, dunque, ritenersi pienamente soddisfatto dalla trasposizione fornita dall'azienda, in quanto solo la registrazione consente di accedere al dato vocale. L'Autorità ha quindi ordinato al gestore di mettere a disposizione del ricorrente la registrazione del colloquio telefonico.

"Tutelare i propri diritti – ha dichiarato il relatore Giuseppe Fortunato – significa anche essere garantito rispetto alle proprie parole dette che restano proprie anche se in possesso altrui".

Conciliazione in condominio

La conciliazione come condizione di procedibilità. Nelle cause in materia di condominio,di locazione,di affitto d’azienda,di comodato,di successione ereditaria. Possibili sanzioni per chi rifiuta il tentativo di mediazione,ma anche per l’avvocato che non segnala al cliente la possibilità di una soluzione stragiudiziale della controversia. Infine incentivi di natura fiscale alle parti. E’ su queste ipotesi che sta riflettendo il ministero della Giustizia per dare attuazione alla delega contenuta nella legge di riforma del processo civile. Il testo dovrà essere approvato per la fine dell’anno e ieri il punto della situazione è stato fatto in un convegno milanese dal capo dell’ufficio legislativo del ministero,Augusto Iannini.

Iannini,che ha sottolineato di non amare un approccio alla materia della conciliazione in una chiave di esclusivo alleggerimento della macchina giudiziaria,ha ricordato però che al ministero si sta pensando di incidere su alcune delle tipologia di controversie che hanno un maggiore impatto sui tribunali. Di qui il progetto di andare a introdurre un tentativo vincolante di conciliazione,vera e propria condizione di procedibilità,nelle liti condominiali,immobiliari e successorie.


Un progetto che però – ammette Iannini – deve fare ancora i conti con alcuni nodi da sciogliere. Del tipo: ma chi paga il mediatore ? Il ministero naturalmente non può ( e forse neppure deve ) e se c’è accordo possono pagare le parti. Ma poi c’è il problema del trattamento da riservare alla parte ammessa al gratuito patrocinio. Sul piano degli incentivi, dal responsabile dell’ufficio legislativo di via Arenula è arrivata l’indicazione di una proposta per ricomprendere le indennità al mediatore tra le voci deducibili oppure tra i crediti d’imposta, mentre più complessa è la partita delle penalizzazioni. Che potrebbero colpire sia le parti sia i legali. Sul primo fronte già la legge delega apre a una condanna al pagamento delle spese anche per la parte che ha rifiutato una proposta di conciliazione dal contenuto identico a quanto poi ottenuto in sede di giudizio. Da parte del ministero si sta però ancora riflettendo se inserire o meno questa previsione nel futuro decreto, mentre si conferma la possibilità per gli avvocati di costituire propri organismi di conciliazione come pure potranno fare i professionisti in alcune materie ( per esempio i dottori commercialisti nel settore tributario ).


Come pure oggetto di riflessione è una sanzione di natura deontologica nei confronti dell’avvocato che non ha avvisato,come prevede la stessa delega,il proprio cliente della possibilità di andare davanti a un mediatore per risolvere più rapidamente ( 4 mesi al massimo,lo stabilisce la stessa legge sul processo civile ) la causa.


Gli avvocati – ha precisato Iannini – non devono temere di perdere clientela perché penso sia molto probabile che,anche se non è previsto un obbligo di assistenza legale,il proprio cliente avvisato della conciliazione vorrà avere accanto il legale anche nel percorso di mediazione “.
fonte: Il Sole 24 Ore

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