Le aziende si affidano sempre di più ai consumatori

Secondo una ricerca internazionale A.T. Kearney, le imprese si attendono un aumento dei ricavi del 4-7% nei prossimi anni grazie a un miglior utilizzo delle idee dei propri clienti

Se il web 2.0 ha trasformato il mondo di Internet, grazie ai contenuti generati dagli utenti, anche il mondo dell'economia e dell'impresa è da anni attraversato da un fenomeno che ha rimesso in discussione le regole fondamentali del marketing. Stiamo parlando della customer energy, ovvero l'approccio partecipativo da parte dei clienti, che sono sempre più pronti a mettere a disposizione delle aziende le proprie idee ed energie per dar vita a nuovi prodotti e servizi.


Le potenzialità della customer energy

Una recente ricerca internazionale condotta dalla società di consulenza A.T. Kearney ha fatto il punto sulle dimensioni della customer energy. Lo studio, (che sarà presentato nel dettaglio in occasione del convegno "Come fare Brand 2.0. Guida al marketing interattivo e partecipativo sul Web") ha preso in esame un campione di circa 3000 società, di cui 1050 italiane. I risultati dimostrano come, nonostante un certo ritardo diffuso, le possibilità di sviluppo di questo fenomeno siano molto significative: l'80% delle aziende interpellate dichiara di non sapere nulla delle potenzialità dei clienti in termini di customer Energy. Oltre il 50% del campione non conosce quali siano i propri clienti “energetici” e quindi non ha neanche un canale adatto a ricevere suggerimenti e contributi, capace di trasformarli in qualcosa di concreto. D'altra parte, anche i consumatori hanno il medesimo problema: il 60% dei clienti non ha idea di come far pervenire i propri contributi alle società verso le quali prova interesse. Ma le aspettative delle aziende sullo sviluppo di questa ambito sono molto elevate: secondo il campione, da qui al 2015 il 16% dei loro ricavi sarà a rischio a causa di eventuali attività "ostili" dei consumatori oppure per l'insufficiente sfruttamento della customer energy. Se invece si riuscisse a sfruttare al meglio questo fenomeno i dirigenti si attendono un aumento dei ricavi almeno del 4-7% e un potenziale di riduzione costi almeno del 5-7%.


Buone prospettive per i beni di consumo

Attualmente, però, le società utilizzano solo in minima parte questa risorsa. L'area aziendale a maggior impatto, secondo il sondaggio, dovrebbe essere qualla della produzione e qualità (47%), seguita da ricerca e sviluppo (39%) e marketing (32%). I manager prevedono una crescente importanza della customer energy in tutti i settori. I più coinvolti dovrebbero essere i beni di consumo (in una scala di importanza da 1 a 6: 3,2 oggi - 4,8 nel 2010 - 5,7 nel 2015), i media (nello stesso intervallo di tempo si passerà dal 2,2 al 3,6 e al 4,4) e le telecomunicazioni (rispettivamente 2,1 poi 3,7, poi 4,7). Il comparto meno coinvolto dovrebbe essere quello delle utility (1,4 oggi - 2,3 nel 2010 - 3,4 nel 2015). La ricerca ha poi distinto i clienti in tre diverse categorie per quanto riguarda il loro apporto alla customer energy: innanzitutto i creator (11% del totale), ovvero chi ha idee nuove e parteciperebbe proattivamente. Poi ci sono i contributor (36%), cioè quelli che rispondono se opportunamente sollecitati. Infine la terza tipologia ricomprende i viewer (53%), ovvero coloro che si limitano a fruire dei servizi offerti ma osservano e sono influenzati dal comportamento degli altri clienti.


Il caso di Procter & Gamble

La ricerca internazionale effettuata di A.T. Kearney ha anche preso in esame i casi più interessanti di successo della customer energy. Nel mondo delle multinazionali del largo consumo, spicca il caso di Procter & Gamble, che dal 2000 sta utilizzando la collaborazione dei consumatori per la progettazione e il lancio di una quantità di nuovi prodotti compresa fra il 15 e il 35%. I consumatori sono chiamati non solo a dar consigli di taglio generale, ma anche su problemi di carattere tecnico e scientifico. I risultati sono stati così soddisfacenti che è stato possibile diminuire gli investimenti in ricerca e sviluppo dal 4,8% al 3,4% del fatturato, senza che questo avesse alcuna conseguenza negativa sul tasso di innovazione dell'azienda. Al contrario, la percentuale di successo delle innovazioni di Procter&Gamble risulta più che raddoppiata.


Il successo di Expedia

Un altro esempio di utilizzo vantaggioso della Customer Energy viene dal caso Expedia, il sito Internet dedicato alla prenotazione di servizi di viaggio a prezzi scontati. Per ogni albergo o casa in affitto proposti, Expedia riporta le impressioni dei clienti precedenti, chiamati a giudicare la struttura visitata e la qualità del servizio, facendo un vero e proprio racconto del loro viaggio e sintetizzando l'esperienza con un rating compreso fra uno e cinque. L'iniziativa è particolarmente efficace (il 70% dei clienti consulta la pagina dei commenti) perché sottoposta a controllo: possono partecipare solo i clienti che, prenotando con Expedia, hanno effettivamente alloggiato nell'albergo o nella casa recensiti, e rimane quindi esclusa l'auto pubblicità degli operatori turistici “travestiti” da clienti.


L'iniziativa della Barilla

Anche in Italia si possono individuare esempi postivi di customer energy. Per esempio, il marchio Mulino Bianco di Barilla ha rafforzato la sua relazione con i clienti coinvolgendoli nell'iniziativa "Un biscotto in cerca d'autore". Nel maggio 2008 è stata lanciata una campagna che invitava i consumatori a suggerire un nome adatto a dei biscotti che sarebbero stati lanciati di lì a poco. L'iniziativa era articolata in due fasi. Nella prima, aperta a tutti, l'azienda chiedeva a ognuno di registrarsi sul sito della Barilla per proporre un nome. La risposta del pubblico è stata positiva, tanto che sono arrivate ben ventunomila proposte di nomi. Da qui ne sono stati selezionati cinque, che sono stati poi sottoposti a una votazione finale dei consumatori .

Intervista a Lorenzo Bottalico sui prodotti finanziari

Come consulente bancario dell'Associazione consumatori ARCO mi sento il dovere di lanciare un forte appello a tutti i piccoli risparmiatori privati a non cedere alle tentazioni ed alle lusinghe di facili guadagni prospettate dalle banche, dalle compagnie di assicurazione, dagli uffici postali o dai vari promotori finanziari.

Il piccolo risparmiatore - per poter dormire sogni tranquilli senza rischiare di veder sfumare i sudati risparmi - deve assolutamente tornare ad investire esclusivamente in titoli di Stato (BOT e CCT). Troppi privati consumatori sono venuti presso di noi lamentando vistose perdite sui loro risparmi a causa di investimenti mal consigliati carpendo la buona fede e spesso (perché no) della totale ignoranza del risparmiatore in materia finanziaria. Infatti da diversi anni tutti gli Istituti di credito (tradizionali e telematici), le Compagnie di Assicurazione - ed ultimamente anche Poste italiane - immettono sul mercato una vasta gamma di prodotti finanziari senza badare all'effettivo profilo dell'acquirente sottoscrittore.
Vengono offerti prodotti assicurativi ed obbligazioni strutturate a soggetti che spesso non posseggono un'adeguata preparazione finanziaria, carpendo la buona fede da questi riposta verso il soggetto proponente l'investimento.

Con l'allettante proposta di rendimenti più appetitosi, vengono dirottati verso tali forme di investimento gran parte del cosiddetto Bot people spacciando l'operazione come altrettanto sicura rispetto ai titoli di Stato. Ovviamente le cose non stanno proprio così ed il vero affare viene concluso dal soggetto proponente che incassa subito - a sottoscrizione avvenuta - una commissione quadrupla o quintupla rispetto a quella prevista per la collocazione dei titoli di Stato.

E' pur vero che all'investitore viene consegnata - all'atto della sottoscrizione - la nota informativa che contiene tutti i particolari dell'operazione, ma tale documento, molto spesso non viene neppure sfogliato dal cliente che si accontenta della descrizione sommaria fornita dall'operatore. Costui, costretto da esigenze di budget a dover piazzare un certo numero di titoli, è spinto ad evidenziare i pregi ed a sottacere gli aspetti negativi dell'investimento.

I prodotti finanziari assicurativi - spesso contraddistinti dalla parola "index" - hanno la caratteristica di avere l'importo dovuto dal soggetto emittente direttamente collegato al valore di parametri di riferimento di uno o più indici finanziari. In pratica viene assicurato un rendimento considerevole per uno o due anni e poi, a seconda del verificarsi o meno di determinati eventi finanziari (ad esempio variazioni di alcuni indici azionari oltre un limite prefissato o oscillazioni di valute entro una precisa data di rilevazione), il rendimento può variare da zero ad un tasso massimo prestabilito. Poiché in realtà si tratta di una vera e propria scommessa che il più delle volte non si realizza a causa dei numerosi paletti posti, il rendimento di tale investimento - spacciato come interessante sulla base dell'alta remunerazione dei primi due anni - spesso nell'arco degli anni di durata (dai sei ai dieci), risulta inferiore a quello dei bot. Senza contare che tali titoli, a causa dell'andamento dei parametri di riferimento (spesso titoli azionari di grandi società), hanno forti oscillazioni nel corso della loro durata e quindi la disponibilità delle somme investite viene di fatto vaneggiata dalle deludenti quotazioni alla data del verificarsi di necessità economiche.

Il soggetto emittente si pone subito al riparo da eventuali turbolenze di mercato coprendo il rischio mediante un'obbligazione strutturata (tale denominazione indica un prestito che, anziché prevedere un interesse prestabilito a tasso fisso o variabile, lega il rendimento al verificarsi o meno di alcuni eventi finanziari), emessa da primaria compagnia di assicurazione o istituto di credito. Resta pertanto a carico dell'ignaro sottoscrittore il rischio che l'emittente dell'obbligazione strutturata non sia in grado di far fronte ai propri adempimenti (come purtroppo è accaduto con la Lehman Brothers che ha lasciato sul lastrico tutti i possessori di polizze - emesse da svariati istituti italiani - che avevano tale banca come emittente della garanzia).

Ultimamente anche Poste italiane ha voluto emulare banche e compagnie di assicurazioni offrendo ai correntisti di bancoposta prodotti assicurativi come "Postafuturomultiutile" e "Postafuturo Forza 4" ed obbligazioni strutturate come quelle emesse da Banca Imi. Tali collocamenti risultano ancora più inopportuni vista la tradizionale clientela di bancoposta costituita in grande maggioranza da piccoli risparmiatori da lavoro dipendente e da pensionati. Tali categorie di privati, distribuiti in tutti i centri anche piccolissimi, sono in massima parte completamente a digiuno anche della terminologia dei prodotti finanziari e quindi non in grado di poter valutare le offerte proposte dal personale delle poste.

In particolare lo strumento finanziario Imi è un'obbligazione strutturata scomponibile in una componente obbligazionaria a tasso fisso e in una componente derivata implicita. L'evento azionario (cioè la "scommessa" sottostante al titolo) si verifica laddove, in almeno uno degli anni di riferimento (dal 2011 al 2014) la media aritmetica dei valori di ciascuno dei cinque indici di riferimento (Nikkei, Dow Jones, Standard & Poor's, Swiss Market Index, Hang Seng), rilevati annualmente alle tre date di osservazione finale, non subisca un deprezzamento superiore al 10% rispetto alla media dei valori di ciascun indice alle date iniziali.

La commissione di collocamento risulta molto interessante per Poste italiane ed è pari al 3,60% del valore nominale sottoscritto. Inoltre bisogna sapere che il valore nominale sottoscritto viene suddiviso per l'84% come valore della componente obbligazionaria, il 12% come valore della componente derivata ed il 3,6% come commissioni di collocamento (pertanto il valore complessivo investito è di 96,4 ogni 100 versato). Questo comporta che il prezzo di realizzo delle obbligazioni, già il giorno dopo l'investimento, risulta decurtato di tale percentuale; inoltre, poiché le quotazioni sono soggette alle oscillazioni dei titoli azionari di riferimento, in caso di forti ribassi degli indici come sta avvenendo in questo periodo il prezzo di realizzo delle obbligazioni - in caso di necessità di liquidità dell'investitore - risultano fortemente penalizzanti.

Le obbligazioni sono soggette al rischio che la società emittente non sia in grado di pagare gli interessi o di rimborsare il capitale a scadenza ed inoltre non sono coperte dalla garanzia del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Questo titolo dà diritto ad una cedola del 5,40% lordi per i primi due anni e poi all'1,10% lordi per tutti gli altri anni se non si verificano gli eventi previsti dalle rilevazioni annuali; in questo caso - molto probabile - il rendimento complessivo dell'investimento è pari al 2,2% (al di sotto del rendimento medio dei titoli di Stato). Qualora invece la "scommessa" viene vinta - anche per un solo anno - sono previste alte remunerazioni.

Per i motivi sopraesposti riteniamo - come associazione di difesa dei consumatori - di dover criticare il proliferare di prodotti finanziari non adatti alla folta platea dei piccoli risparmiatori che dovrebbero poter dormire sogni tranquilli investendo in titoli di Stato o nei tradizionali Buoni fruttiferi postali.
Lorenzo Bottalico

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